Anno 2017 – tratto dal catalogo “Dentro Fuori”
Luoghi e oggetti sono reali e tangibili, sono quelli del confronto quotidiano, quelli già abitati, carichi di presenze e di tensioni emotive, di affetti, di storia e memoria, ma visti con occhi completamente scevri da rimpianti o ripiegamenti sul passato, piuttosto come portatori di una avventura di conoscenza dell’artista che ritrova se stessa nel panorama intorno a sé.
Nell’analisi di ogni singolo oggetto, mai estraneo o secondario, collocato esattamente dove deve essere perché lì è il suo posto, emerge la consapevolezza della rete di comunicazione e affetti non solo del tempo presente, ma anche della verticalità del percorso umano, della storia famigliare in cui Rosabianca sente coralmente di essere parte. Un dramma che si snoda senza bisogno di attori, in quanto il loro riflesso sulle cose ne determina la presenza nella magniloquente scenografia scintillante di luce, sempre di assoluto realismo.
Carmela Perucchetti
Anno 2013 – tratto dal catalogo “Acciaio”
L’oggetto d’uso, concreto e visibile, con luci, ombre, riflessi, si trasforma in enigmatico palinsesto narrativo, capace
di raccontare l’invisibile percorso dell’anima nel suo misurarsi con le fatiche e le gioie della vita.
… Sono dipinti che prendono forma lentamente, sedimentando nelle forme d’acciaio l’indagine dell’artista
sull’oggetto, ma nel contempo trasferendo su di esse le molteplici tensioni interiori che negli anni evolvono, subiscono
o sostengono gli accadimenti della vita. L’oggetto, trionfante nella lucentezza dell’acciaio, solo apparentemente
avulso da ogni contesto, assume così il valore assoluto di epifania di uno stato d’animo, di una riflessione che
lentamente procede con la stesura di ombre, colori, riflessi.
Carmela Perucchetti
Anno 2010 – tratto dal catalogo “Nuovamente”
La realtà viene strutturata, Rosabianca costruisce una mise en scene finalizzata al suo racconto e al suo scopo,
dove i protagonisti sono sempre gli oggetti del quotidiano, ma dove l’obiettivo è il mistero del proprio io. Costruita
l’immagine, viene fissata in uno scatto fotografico, poi, come in un lungo processo digestivo, dalla foto l’immagine
viene smontata e rimontata sulla tela, quasi sempre grande come il mistero che deve risolvere, attraverso un lento,
sapiente e paziente lavoro prima nel disegno a matita e poi costruito passo passo con pennelli e colori, alla luce
naturale di uno studio che apre generosamente il suo sguardo all’esterno, pur cercando l’interno. E il virtuosismo
della pittura non è fine a se stesso ma mezzo.
Camilla Bertoni
Anno 2003 – tratto dal catalogo “Viaggio nell’enigma”
Il suo sguardo è solo apparentemente lineare: in realtà vuole cogliere qualcosa che non è del tutto espresso,
non è del tutto esplicitato, appare sotto le forme allegoriche delle figure che affollano la tela e danno forma
all’iconografia; le figure ritornano, si ripetono. L’iterazione è la conferma del bisogno. Cinquetti non cerca
mai fuori di sé: per questo trova tutto. Ma tutto diviene sapore di memoria, rinvio metafisico. Alla lindezza
dell’immagine non corrisponde eguale chiarezza: Cinquetti cerca l’Altrove, vuole condurre l’immagine in quella
dimensione, tra realtà e irrealtà ( è questa, del resto, la via dell’iperrealismo) dove le cose sono quel che appaiono e
divengono contemporaneamente frammenti di un’altra vita, simboli comprensibili, suggestioni che aprono spiragli
inusitati: nella loro apparente immobilità, le stagioni sempre uguali portano allo sguardo immagini sempre diverse.
Mauro Corradini
Anno 1994 – tratto dal catalogo “Artespecchio”
Compone le sue tele con un ripetere di gesti che sembrano da robot. Credo che anche faccia fatica, soffra, in quell’atmosfera propria di una gestante che espelle dalla pancia una cosa che riempie di gioia. C’è fatica e ossessione nella sua arte: mai calcolo, contratto con un successo o con l’effimero. Proprio per questo le tele sono qui uno specchio della personalità dell’artista e quindi anche della sua creatività.Ed allora in questa puzza d’umano può parlare persino uno che come me si occupa del comportamento dell’uomo e non di critica dell’arte e nemmeno della sua storia. Colgo nel gesto creativo di Rosabianca quel principio della naivetè che è stato proprio di un’epoca che ha richiamato la spontaneità, ma nello stesso tempo è tecnica ritmata dalla ossessività, dal bisogno di ripetere, quasi lo stereotipo delle sicurezze. Io no so definire il bello e non so diagnosticare l’arte, ma so identificare lo spontaneo rispetto all’artificiale e un gesto umano rispetto a quello di un attore.
Vittorino Andreoli
Perché sempre, siano pentole, coperchi, rubinetti, frigoriferi, lavatrici……, la Cinquetti non li dipinge mai nel momento del loro utilizzo, ma, sempre e invariabilmente, quando una quiete limbica li avvolge, e sono preda di un sonno che ricorda il già fatto ma non sa prevedere ancora se il fiato del mondo creato li avvolgerà. Sta in quest’aria sospesa, ai limiti dell’ineffabile e dell’eterno, il valore autentico di questa pittura. Il tenere le cose, e senza parere
tutti coloro che quelle cose hanno usato, su un confine, in una zona nulla più che una convenzione, un segnale,che, tuttavia, rimanda a un’essenza. Ecco, il profumo, l’esile barbaglio, il lumeggiare serale di questa fragranza è il punto d’arrivo. Questo non dicibile che è il non rappresentabile, il procedere oltre i limiti dell’evidenza, il non voler lasciarseli sfuggire. Rosabianca Cinquetti si muove qui…
Marco Goldin
Anno 1991 – tratto dal catalogo “Pittura al femminile”
…..sempre in cerca di ostinato rigore, è venuta infine approdando ad una sua particolare interpretazione di una pittura iperrealista ampiamente documentata e significativamente valutata in varie esposizioni pubbliche, ricevendone segnalazioni e riconoscimenti:un’iperrealismo libero, non drammaticamente esistenziale (come spesso è quello americano), anzi, felicemente aperto al canto poetico dell’oggetto, al suo affettuoso riconoscimento come testimone e amico della propria casa.
Qui è, dunque, il timbro di quella sensibile “vibrazione dell’intimità” nell’amore della propria casa che bene caratterizza, per interne intenzionalità tonali e affettive, una riconoscibile”pittura al femminile”.
Dino Formaggio
Anno 1989 – tratto dal catalogo “I tempi della memoria”
…..dirò subito che la Cinquetti non fa pittura iperrealista. Infatti anche se è indubbio che la griglia del linguaggio e gli apparati grammaticali fanno buon uso di tecniche riferibili a questa tendenza, è ben vero che il bersaglio della Cinquetti è di tutt’altro genere.La pungente “illustrazione” del mondo, tipica degli iperrealisti, che intende accostare fino all’estrema tangibilità della retina una realtà che così sconfina nell’allucinazione dello sguardo, non coincide affatto con la poetica della Cinquetti. Sarebbe sufficiente osservare come gli artisti d’oltreoceano, adepti di questa corrente, raggiungano un risultato di realtà e di allucinazione cancellando dall’esperienza del mondo e dalla sua visione la categoria del tempo: sia quello empirico, sia quello segreto della coscienza. Ecco le ragioni di quel gelo che attraversa le loro opere come una lama di coltello. Il lavoro della Cinquetti si sviluppa, invece, secondo una traiettoria assolutamente opposta. Per lei l’esperienza del mondo e la sua visione esistono solo se innestati nel tempo e nella sua memoria, e l’allucinazione deriva dalla possibilità che anche dalla nebbia dell’io riaffiori la lucidità della visione. Non vi potrebbe essere nulla di più anti-iperrealista di questa concezione della pittura.
Giorgio Cortenova
Anno 1986 – tratto dal catalogo ““Artisti italiani d’ogg”
….c’è la condizione esistenziale di cui l’oggetto diventa partecipe, annullando o modificando sostanzialmente la sua trita immagine di elemento sussidiario e occasionale. Cosicché l’oggetto acquista un’anima, dei sentimenti, un linguaggio. Il problema è come coglierli ed evidenziarli. Non riuscendoci il dipinto si gela, scade a riproduzione piatta e “morta”, a fotografia; tutt’al più fotografia artistica, capace di suggestionarci, di abbagliarci, ma pur sempre prodotto tecnico, scientifico, e non opera scaturita dal genio creativo dell’uomo. Guardiamoli attentamente, con pensiero e sguardo aperti, sgombri da pregiudizi, gli oggetti sublimati sulla tela da Rosabianca Cinquetti. Sono “vivi” più di tanti paesaggi ripetitivi e “scontati”….
J. Pierre Jouvet